Il 6 maggio del 1976 il Friuli fu colpito da un violento terremoto. Erano appena passate le ore 21 quando la terra cominciò a tremare. 59 lunghi secondi che provocarono ingenti danni, quasi mille morti, 3 mila feriti e oltre 50 mila senzatetto. L’epicentro del sisma, di magnitudo 6.5 Richter e 9-10 gradi Mercalli, si sviluppò a qualche chilometro a est della cittadina di Gemona. Interi paesi furono rasi al suolo.

L’area colpita interessò oltre 5 mila chilometri quadrati, coinvolse 137 Comuni con oltre 17 mila case distrutte. Solo all’alba del 7 maggio divenne chiara l’entità della tragedia. Immediatamente partì una generosa gara di solidarietà da tutte le località del Friuli, dalle regioni italiane, dall’Austria e dalla Slovenia. Nei giorni e nei mesi successivi, anche grazie ai friulani della “diaspora”, arrivarono aiuti da Stati Uniti, Sud America, Australia e da molti Paesi europei. Il governo italiano, presieduto da Aldo Moro, istituì un commissario straordinario, Giuseppe Zamberletti, che coordinò i soccorsi e i primi interventi in stretta collaborazione con le amministrazioni comunali e le istituzioni regionali.

Con determinazione e concretezza, e nonostante gli eventi sismici del settembre dello stesso anno, il popolo friulano avviò una rapida ricostruzione materiale secondo il motto «prima le fabbriche, poi le case e poi le chiese». Anche grazie allo Statuto autonomo regionale i sindaci divennero i protagonisti della ricostruzione delle loro comunità, coniugando l’autarchico «fasìn di bessôi» con l’intervento economico dello Stato e la solidarietà internazionale. Buona parte della ricostruzione fu portata a termine in dieci anni e i costi complessivi furono di circa 15 miliardi di euro (attualizzati a oggi).

Per il popolo friulano il sisma del 6 maggio rappresentò, oltre ai lutti e alle gravi perdite materiali e sociali, un’importante occasione di rinascita e di ripresa economica. Fu uno snodo epocale che traghettò il Friuli, nel giro di pochi anni, da una condizione ancora rurale alla piena e matura modernità, di cui il simbolo più evidente fu l’istituzione dell’Università di Udine.

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